Santiago e Finisterre

Ultreja e Suseia.

Se volete fare una cosa, e la volete davvero, lasciate ogni scusa, smettetela di lamentarvi e fatela. E se pensate che non siete pronti o non vi permettano di farla, preparatevi, organizzatevi, lavorateci senza bramare ma fatelo attivamente e mettetevi in condizione di farla. Altrimenti lasciate perdere e smettetela di raccontare che volete farla, significa che non volete farla e state solo uniformandovi alla massa! Siate unici e fate ciò che desiderate davvero, senza paura di esser giudicati, allontanati, derisi! La vita su questa terra è ora, non dopo, quindi datevi una mossa subito perché si vive una volta sola.

Pronto, si parte! Sette chilogrammi di materia bastevoli per cinque settimane di cammino. Ma ciò che non si vede non si misura con i chilogrammi e ha un valore che da tutto il senso al viaggio!

1 giorno: Bilbao – La Arena 26 km. Seguiamo il fiume che dalla città porta a Portugalete e poi colline verdi che conducono al mare. Esplosione entusiastica tradotta in movimento. Curiosità del viaggio lento. Presa coscienza che la fatica offusca la mente ma…..è solo fatica…è solo mente.

2 giorno: La Arena – Castro Urdiales 20 km. Ieri sera alle 21 dormivamo già , stesi dalla starfish estrella de mar, una birra all’agua marina. Questa mattina stendo i panni ancora bagnati allo zaino e dopo la colazione seguiamo una passerella lungo la spiaggia deserta, poi una scalinata in un bosco ancora buio per arrivare sulla via che ci regala un magnifico cammino. L’oceano sconfinato ci respira possente e quieto a destra orlando di spuma le colline a sinistra, prati erbosi dove pascolano libere le mucche , le capre, i conigli, i cavalli! L’aria porta odore di sale, alghe, fichi, menta, lamponi e ribes che si mescolano ai profumi degli orti nei villaggi. Poi scendiamo su una spiaggia a far riposare i nostri piedi meritevoli di cure e ci sdraiamo nella sabbia per un po’ di riposo! Continuiamo fino al destino odierno , nella giusta direzione, grazie a una segnaletica puntuale, perfettamente integrata e discreta. Ogni sasso, incrocio, curva riporta la conchiglia o le freccia gialle. Ogni passante saluta, augura buen camino o chiede se necessitiamo di aiuto e ci indica la via! Il percorso è stupendo, vario, ben tenuto e valorizzato ! Ci si sente ben accolti!

3 giorno: Castro Urdiales – Villanueva 21 km. Ieri sera alla meson marinero ennesima cena con pintxo, specie di tapas giganti, di baccalà, acciuga, cipolla, queso, pimientos e chi più ne ha più ne metta, ma anche un piatto di polpo alla Gallega, per non farci mancare le energie e tenere alto l’umore con un blanco ispanico. A nanna presto come sempre e stamattina camminiamo sotto le nuvole scure e la pioggerellina va e viene costringendoci a mettere e togliere il K-way più volte. Paesaggi magnifici attraversando boschi, colline fiorite e piccoli villaggi silenziosi che digradano dolcemente verso l’oceano, sempre in compagnia di animali liberi di pascolare, finiamo anche in un gregge di pecore. Facciamo anche alcuni km di carrettera impegnativi ma concludiamo in una bellissima vallata verde, dove un piccolo agglomerato di case sembra esser stato disegnato dalla mano di un bambino.

4 giorno: Villanueva – Arnuero 23 km. Alle 7,30 del mattino il silenzio e il buio avvolgono ancora il villaggio. Dopo una giornata a base di barrette energetiche e fichi colti dalle piante per strada, partiamo senza colazione, leggeri e aitanti. Raggiungiamo Laredo dopo un’ora e mezzo di pioggia battente, scavalcando una collina verdissima a picco sul mare. Ci asciughiamo mentre facciamo colazione e percorriamo il lunghissimo lungomare che ci porta a salire sul terzo mezzo alternativo da quando siamo partiti da Bilbao. A Portugalete era la funicolare sospesa sul rio e il tapis roulant che sale al centro della città; qui a Laredo è una barca che attraversa il fiume. Poi tentiamo il sentiero di sabbia sulla costa sopra le falesie ma la pioggia battente lo sta trasformando in una pericolosa e scivolosa cascata verso il mare. È troppo rischioso e come altri pellegrini torniamo indietro e riprendiamo la carretera fino al villaggio che ci accoglierà per riposare le membra sfatte e i piedi che cominciano a mostrare le prime fiacche.

5 giorno: Arnuero – Galizano 15 km. Attraversiamo libri di fiabe e parliamo di meditazione. Il silenzio, la semplicità e la bellezza dei luoghi avvolgono il cuore e lo spirito di chiunque passi di qui, facilitando la via del sentire interiore. Gli unici suoni udibili tra un canto di gallo o un muggito lontani, sono i nostri passi e il respiro. E se ascolti bene puoi sentire persino lo scricchiolare delle articolazioni o addirittura, se ti fermi e chiudi gli occhi, lo scorrere del sangue nelle vene! Quando cammini in posti così non sentì nemmeno la stanchezza, e senti la gioia del vivere che ti avvolge e ti scorre dentro. Restiamo ammaliati a osservare e ci godiamo il luogo aumentando il tempo di sosta, abbreviando la tappa.

6 giorno: Galizano – Santander 15 km. Un breve tratto anche oggi, per godere della vista sull’oceano. Un piccolo sentiero attraversa prati erbosi e coltivazioni di mais che orlano picchi rocciosi per panorami mozzafiato sulla baia di Santander. Anche qui passiamo di fronte all’isola dei Conigli (dopo Lampedusa un mese fa) e arriviamo su una spiaggia lunga 5 km, paradiso di surfisti che arrivano da tutto il mondo, per godere del giusto riposo su una battigia immensa grazie alla bassa marea. Poi prendiamo la barca, come indicato dalle frecce gialle del cammino e attraversiamo comodamente la baia per giungere nel grande e moderno capoluogo della Cantabria, meta della tappa di oggi. Anche oggi pensiamo che la varietà e la bellezza del mondo intero, per chi è davvero amante del viaggiare, inteso come esplorare la diversità con apertura, sono ancor più godibili se vissuti in modalità lenta, come il viaggio a piedi, in bici, a vela o con mezzi alternativi! Solo così puoi scendere nei dettagli, avvistare e vivere ogni fenditura di questo nostro amato pianeta!

7 giorno: Santander – Hinojedo 35km. Cronache dal cammino. Rodaggio finito. Settimana d’ingresso in holiday style conclusa. Era la cosa giusta per me e per la mia compagna e ce la siamo proprio goduta. Alle 7,00 accompagno la ‘riccia’ (Nadia) in stazione – che torna al suo trabaço – e torno all’albergo a recuperare zaino e scarpe e fare il desayuno per poi incamminarmi da solo. Nel chilometro e mezzo fatto in sandali e senza zaino mi accorgo di quanto il mio corpo si sia abituato al peso sulle spalle e sulla schiena; camminare con lo zaino mi sembra ora più confortevole. Senza zaino è come essere monco. Forse per questo è così difficile lasciare andare il fardello che ci portiamo dalla nostra storia personale. È più facile rimanere gobbi con un peso che sforzarsi di cambiare le cose. In genere come vuole la fisica siamo inerziali, e lo siamo anche dentro, meglio il noto anche doloroso, piuttosto che faticare verso un nuovo ignoto. Lascio Santander col buio e il silenzio, è domenica e gli spagnoli sono appena andati a dormire. Dopo la periferia arrivano le colline e i pascoli e la pioggia. Per due ore diluvia, mi riparo nella pensilina di una stazione e seguendo le indicazioni della guida prendo il treno per andare oltre un fiume, unico modo oltre all’autostrada per fare questi 3km. Osservo e sorrido e poi lascio andare anche il pensiero che mi porterebbe a rimanere sul treno fino alla fine della tappa prevista per oggi. Invece scendo sotto il diluvio e cammino! Poi mi riparo in un’osteria per una zuppa calda, incontro altri camminatori, pensionati, studenti, o lavoratori in cerca di conoscenza e altro, così dicono, un francese, una messicana, due russe o giù di lì che camminano con sandali e gonna sotto la pioggia battente, due tedesche, uno spagnolo. Riprendo il cammino quando esce il sole. Cammino oltre. Cammino oltre per altri 10 km. Dopo la prima settimana ho percorso 155 km, sembrano bruciati in un attimo. Se guardo avanti mi sembrano un’infinità! Meglio stare sui miei passi.

8 giorno: Hinojedo – Comillas 30 km. Sul cammino non mancano mai: Conchiglie, frecce indicatrici, chiese, eremi, locande, silenzi, mucche e animali al pascolo, animali da cortile, fattorie, piante da frutto, lavatoi, ponti, pellegrini da tutto il mondo, panchine, fontanelle, sentieri, boschi, anziani spagnoli a indicare la via, panorami mozzafiato, km fatti e soprattuto da fare, possibili varianti e naturalmente acciacchi, dolori, fiacche, sudore, kg di zaino, fatica! E poi non mancano i pensieri che per menti fervide sono sempre in circolo. Ma basta meditare qualche passo e ripetere l’esercizio , soprattutto respirare e portare aria per guarire il corpo e per tornare al cammino consapevole e al momento presente!

9 giorno: Comillas – Pesues 25 km. Due sere fa nell’albergue dove alloggiavo, c’era con me un ragazzo di 20 anni di Gran Canaria che girava in auto la Spagna intera con l’obbiettivo, così mi dice, di conoscere il mondo e la vita. Gli dico che è bellissimo e che sono con lui. Oggi penso, mentre riposo sulla playa leggendo ‘Dovunque tu vada ci sei gia’ di Jon Kabat Zinn, che la conoscenza e il sapere sono già dentro di noi e ci giungono spesso con l’intuizione. Puoi girare il mondo ma devi essere vigile e presente a te stesso, per cogliere la sapienza interiore che desidera uscire da te durante la vita quotidiana stessa, per diventare consapevole e portarla in vita, portarti in vita da vivo e non da dormiente! E allora potresti anche smettere di girare e rigirare ognidove alla ricerca della conoscenza, ma cambiare ogni giorno, diversificare, provare, sono continui stimoli al risveglio, a volte servono per uscire dal pantano, a volte per il semplice desiderio di uscire dal guscio, e a volte far dei passi serve semplicemente per iniziare ad esplorare a concretizzare la svolta, il risveglio. Poi riprendo a camminare tra boschi e colline, continui saliscendi e oggi è davvero dura con più fiacche che iniziano a bruciare laggiù sotto i piedi ma tant’è….stasera una birretta e il dolore si anestetizza ! Incontro un Uruguaiano, un fotografo Australiano che cammina veloce ma si perde a ogni incrocio ridendo e facendosi aiutare, mi diverte un sacco! All’arrivo scopro che i ciclisti che ho intravisto ieri sono della Vuelta, e mi ricordo di Santillana del Mar e Comillas, splendidi villaggi medievali che risvegliano storie di vite precedenti, e poi il Capricho di Gaudi che non ho potuto visitare stamattina, che qui gli Spagnoli hanno orari spostati in avanti di un paio d’ore…..infatti son qui che aspetto la cena ma…..adda venì l’orario…..e annego nella Estrella della Galizia….baci a todos lo mundo!

10 giorno: Pesués – Llanes 30 km. Nuvoloni neri mi accompagnano tutto il giorno in una tipica giornata autunnale. Dopo i Paesi Baschi lascio anche la Cantabria ed entro nelle Asturias. È tutto grigio, il cielo, i fiumi, il mare, il paesaggio fuori come dentro. Ho un calo psicofisico, galleggio in uno stato ovattato, rotolando su un rosario di fiacche che condizionano i miei movimenti. Mi rendo conto che per non sentire le urla delle fiacche snaturo il movimento complicando il lavoro di articolazioni e tendini aumentando la fatica rallentandomi parecchio. Osservo, mentre attraverso un paesaggio carsico simile ai miei piedi. Poi ricordo la mia esperienza di Alpino, quando 30 anni fa camminai da Sondrio a Malles Venosta su e giù per le coste della Valtellina, Tirano, il Gavia, Bormio, Livigno, il ghiacciaio dello Stelvio, Resia, in 3 settimane con una attrezzatura ereditata dai commilitoni della prima guerra mondiale. Ricordo il racconto del viaggio a piedi dei miei nonni in fuga da Napoli sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale verso la Calabria. O ancora film e libri di storia relativi a eserciti che a piedi si muovevano nel fango o tra le mine, o popolazioni intere che migravano verso un sogno con scarpe bucate o scalzi. Nessuno di loro aveva le mie scarpe, le mie calze, o la leggera e utile tecnologia che porto nello zaino che mi dice dove sono e mi rende la vita più facile. Intanto passo proprio davanti al museo della migrazione con gli archivi Indiani a Colombres. Poi mi chiedo perché faccio il cammino e non trovo la risposta, intanto però ho spostato l’attenzione più in alto, e i miei passi sono più sollevati e leggeri, triplicando la velocità. Arrivo a destinazione e non sento più la fatica. Il dolore, anche se solo per qualche fiacca invece c’è e condiziona ma la sua dimensione cambia a seconda della qualità dell’attenzione che gli dai.

11 giorno Llanes – Camango 28 km. Un film s’intitolava fuga di mezzanotte, dall’ostello ieri sera molto prima. Evacuazione di massa per lasciare il nostro letto alle cimici che hanno infestato ovunque, così in gruppo cerchiamo altri ostelli ma tutti completi. Decido di buttarmi in un hotel tre stelle superconfortevole e accessoriato, me lo posso ancora permettere! E oggi mi gusto la costa sull’oceano in solitaria. Poi camminando camminando nel pomeriggio esce pure il sole! Per qualche ora canto e me la spasso. E stasera un bell’hotel rurale in un bosco fuori dal mondo.

12 giorno: Camango – La Isla 22 km. Meraviglioso, morbido, calmante, dolce verde di prati in cui camminare e respirare aria pulita; ma quando arriva lui, col suo prorompente respiro, presenza potente ma anche purificatrice e accogliente, mister blu, oceano mare che va e viene, quando arriva lui io mi sento a casa, tiro un sospiro di sollievo e mi sciolgo, e mi si apre il cuore! E posso camminare per ore senza sentire fame o fatica. Ecco perché ho scelto il cammino del Norte, senza un compagno così non mi muovo! Peró alle quattro del pomeriggio non vuoi farteli due calamari e moscardini croccanti con una vista così ?

13 giorno: La Isla – Villaviciosa 22 km. Anche oggi tappa di riposo in avvicinamento a quella difficile di domani. Mi sveglio all’alba, faccio colazione in camera e parto presto. Infatti dopo una bella camminata spedita su dolci saliscendi in freschi e fitti boschi sono a destinazione. Così riposo un po’ nel pomeriggio e mi preparo per la gran serata a zonzo nella patria del sidro.

14 giorno: Villaviciosa – Gijon 30 km. Secondo la guida la tappa di oggi sará una delle più lunghe e dure, con 800 mt di dislivello e due colli da valicare con erte ripidissime. Dovrei partire presto ma io mi diverto a infrangere le regole. Mi sento bene quindi scendo a fare una colanzioncina con bombolone al cioccolato, mini croissant, due mini pan au chocolat, un cappuccino, un zumo de naranja. Mi faccio anche un panino col prosciutto ma poi ci ripenso e …lo so non si fa….tanto non mi vede nessuno dai….lo infilo nella patella dello zaino. La frutta ce l’ho già se no avrei preso anche quella. Salpo le chiappe dalla sedia e isso lo zaino sulle spalle. Attraverso così il paesino del sidro alle 9 del mattino, tutti dormono, in giro solo Pellegrini o camminatori. Poi inizia subito la salita, prima dolce, poi pronunciata. Cammino spedito. Poi la salita si infila in un bosco e diventa ripida e infine ancora più ripida. In poco dal livello del mare sono a 450 mt s.l.m. Poi scendo fino quasi a livello mare e risalgo ancora ripidamente. Salgo a una velocità impressionante, quasi corro. Non ho più pensieri e forse nemmeno un corpo. Non sento fatica e ho il fiato come se stessi strusciando in centro. Anzi gioco a trovare il posto giusto dove appoggiare il piede, balzando di qua e di la. Supero pure dei tedeschi con la metà dei miei anni, alti un terzo più di me. Non sono un atleta e non sono uno sportivo. Non è una gara, lo so, ma oggi salgo così, mi sento così. Non sono grintoso, non ho energia prodotta da un motore aggressivo, stizzoso o rabbioso. Ho la leggerezza di un camoscio, gioco e mi diverto, salgo fluido con potenza. È gioia in purezza e in espressione. Ecco cos’è. Tutti lo possono fare a qualsiasi età e condizione corporea. E tutti possono fare tutto se lo si vuole davvero, se il desiderio è puro e autentico. Non sempre scegliamo le cose giuste per noi, e non sempre siamo in grado di saperlo prima, ma un passo oggi fatto con fatica ci aprirà sentieri che domani faremo con meno fatica o più rapidamente e poi potremo con due passi fare ancora più strada, e poi tre è così via fino a vivere l’intera mappa di percorsi che abbiamo dentro, disegnata e disegnarla vivendo in ricchezza e abbondanza. In poche ore sono a destinazione e so più di prima, che arriverò a Santiago. Con oggi ho concluso la prima metà del tragitto, 342 km fatti, me ne rimangono altrettanti.

15 giorno: Gijon – Aviles 25 km. Lascio l’Hostal alle 8, il centro è ancora avvolto dal torpore del risveglio, anch’io dopo la zuppa di fajtas e il vino tinto asturyani di ieri sera , gustati in un’osteria della cimadevilla, vivace e animato centro storico costruito sul promontorio della grande città di Gijon e che separa il porticciolo da un lato e la lunga spiaggia dall’altro. Mi infilo in un bar per un croissant, che qui ha dimensione tripla che in Italia e te lo servono su un piatto con forchetta e coltello. Poi attraverso la periferia incrociando mamme che accompagnano i bambini a scuola, moltissimi, più che gli adulti che vanno a lavorare. Poi impiego due ore per superare l’area industriale, davvero enorme, costellata di aziende, ciminiere, capannoni. Supero una collina e attraverso una valletta verde pianeggiante molto silenziosa, piena di orti e fattorie. Dopo un’altra collina giungo alla periferia di Aviles, la meta di oggi, e impiego altre due ore per arrivare in centro, camminando tra ferrovia, carrettera e autostrada da un lato, e un enorme complesso siderurgico. Poi seguendo una ciclovia tra filari di piante che nascondono la vista dello stesso lungo complesso e un fiume di colore nero puzzolente giungo in un parco cittadino con opere artistiche dedicate alla lavorazione dell’acciaio che qui ha dato lavoro e crescita fin dall’ottocento, ma solo da qualche anno si sta cercando di recuperare il depauperamento avvenuto per lungo tempo. Per chilometri ne sento l’inquinamento acustico e ne respiro i fumi. Cammino, osservo, rifletto sulla necessità di trovare oggi un nuovo equilibrio tra consumo necessario e produttività necessaria!

16 giorno: Aviles – El Pito 28 km. Da alcuni giorni i camminatori sono cresciuti di numero, soprattutto incontro Italiani, Spagnoli, da soli o in gruppi di 3 o 4 persone. Ci si saluta, si parla un po’, con alcuni si lega di più con altri meno. Personalmente sto godendo la mia compagnia, desidero quella, la solitudine. Sento che preferisco i silenzi alle parole, i vuoti leggeri ai pensieri inutili e compulsivi. La camminata che sto amando è meditativa. Sto godendo della compagnia con me stesso senza per questo sentirmi eremita. Quindi faccio di tutto per assecondare il mio giusto ritmo e i miei giusti spazi. Ora è così, nel qui e ora. Sto esplorando senza l’intenzione di farlo. Giorni fa un contadino mi ha chiesto di entrare nel suo giardino perché voleva farmi vedere una cosa , io sorpreso lo seguo e lui mi indica la direzione giusta, oltre un colle, per andare nel paese successivo. Qui sono tutti sempre pronti ad aiutarti anche senza la tua richiesta, molto gentili, accoglienti, presenti. Poi mi chiede se cammino solo e quando annuisco dice : ‘no es triste andar solo?’ Gli rispondo di no. Se stai bene da solo starai bene anche con gli altri e se stai bene con te stesso e riesci ad ascoltarti scegli quanto ti va di star solo o quando con gli altri perché sei felice a prescindere e io sono felice. La felicità non dipende dallo star solo o meno, così per contro nemmeno la tristezza. Non sembra convinto, o non mi sono fatto comprendere, chissà. Mi saluta, io riprendo il mio cammino. Sento la sua malinconia e quella di tutti coloro che nella loro umanità ancora sono condizionati dalla credenza che solitudine è tristezza e il contrario è felicità. Nulla di tutto ciò, comprendo con sorriso, tenerezza e compassione, questa è solo una credenza. Oggi cammino su e giù per fitti boschi e all’arrivo nel mio hotel ho anche la vasca idromassaggio, metto della buona musica e mi immergo nel calore curativo dell’acqua.

17 giorno: El Pito – Ballota 25 km. Cammino sulla crosta terrestre come fossi una formica sulle rughe di un gigante. I sentieri di oggi salgono e scendono in fitti boschi per scavalcare una fila parallela di 8 colline. E tra ognuna di queste una valle con un torrente da guadare. In cima a ogni collina si vede il mare a circa due chilometri di distanza, ai piedi giù nella valle si sentono le onde, è qui vicino, ma non ci arrivo mai e quasi mi sento beffato illudendomi di sostare con i piedi nella rena. Una tappa non lunga ma molto impegnativa per via dei saliscendi continui. Incontro rarissimi pellegrini, forse seguono la carrettera, e mi godo gli unici rumori udibili oltre alle onde del mare, il gorgoglio dei torrentelli, le foglie di eucalipto che cadono, il nitrire di qualche cavallo nei prati, il canto degli uccellini del bosco, il rumore dei miei passi. Tra un bosco e l’altro, villette e orti. Il profumo che pervade l’aria e che pulisce le vie respiratorie è di eucalipto alternato a quello dei tantissimi fichi. Intanto come Pollicino o Hansel e Gretel continuo a seguire le conchiglie sulle pietre miliari, o le frecce gialle messe ovunque, sulle pietre e sui tronchi nel bosco o sui profili dei marciapiedi.

18 giorno: Ballota – Luarca 24 km. Anche oggi a furia di seguire le frecce cammino tra colline e boschi. Ma poi il regalo più grande è arrivare in un borgo di pescatori. La mia meta, non poteva essere altrimenti. Vivere l’aria di un luogo a me caro. Qui il sapore del mare, del sale, dei venti gelidi e della violenza dell’oceano, sebbene il borgo racchiude un porto perfettamente circolare e protetto, la percepisci dagli sguardi degli anziani dalla scorza degli abitanti. Oggi c’è il turismo ma immagino questo posto nei mesi freddi. Una volta qui partivano per la caccia alla balena oggi per fortuna non più….di balene non ce ne sono più! Comunque è grazie al lavoro di chi vive in questi luoghi bagnati dal ricco mar Cantabrico che gran parte dei nostri supermercati ci rifornisce di pesce fresco tutti i giorni, acciughe, calamari, gamberi, merluzzo, tonno. Ecco è arrivata l’ora. È bene per un pellegrino rifornirsi di buona energia , quindi giù al porto per una cerveza fria e vediamo il pescado di oggi cosa offre!

19 giorno: Luarca – Jarrio 24 km. Cambiamenti. Termina l’estate e l’autunno stamane si presenta in tutte le sue forme. Aria fredda, nuvole basse, cielo grigio e minaccioso, che più avanti lascerà cadere una pioggerella fine e fitta. Lascio il borgo marinaro e l’alba rosea alle spalle per addentrarmi verso boschi e pascoli. Lascio l’odore del mare per quello umido del bosco, della torba, del legno, dei funghi, delle fattorie, del letame. Domani lascerò la regione delle Asturie ed entrerò in Galizia, la regione di Santiago de Compostela e dopodomani lascerò definitivamente la costa sul mar Cantabrico per addentrarmi nelle brughiere interne. Cambiamenti. Le piante cedono le loro foglie arse una dopo l’altra, il sole é ogni giorno più basso, le temperature scendono lentamente, la luce splende qualche minuto di meno ogni giorno che passa, i colori sfumano impercettibilmente. Cambiamenti sottili che danno origine a grandi mutazioni. Rivoluzioni compiute in sordina, nel sottosuolo primordiale dello scorrere ciclico della vita. Ieri ero io, oggi sono io e domani sarò ancora io, ma sempre diverso. È questa la conferma del viaggio. Cambiare diventando se stesso, ma quel se stesso che laggiù nel profondo già ero e già sono.

20 giorno: Jarrio – Ribadeo 32 km. Tappa lunga ma fortunatamente pianeggiante. E ancora più fortunatamente ricca di belle spiagge incastonate tra falesie rocciose molto spettacolari. E ancor più fortunatamente il sole è caldo, il cielo terso e i contrasti vivaci tra il verde della campagna, il blu del mare e il colore della sabbia in mezzo. Ora, fatti i dovuti calcoli, per arrivare a destino devo camminare otto ore, voglio stare un’ora in una spiaggia e una in un’altra, e per arrivare ad un’ora che mi permetta di stare in relax parto all’alba, che qui adesso è alle 7:30. E mi godo l’ultima tappa marina a curare i piedi all’aria, nel sale e nella sabbia, in spiagge dove il vicino di ombrellone non c’è, perché è così lontano che sta su un’altra spiaggia. E arrivo al lungo ponte sul rio Eo che mi fa entrare in Galizia, precisamente a Ribadeo, bella e vivace cittadina alla foce del fiume, dove stasera mi godo la vivacità e il chiasso degli Spagnoli che a tutte le età dopo una certa ora si riversano nei bar, nelle piazze, nei giardini e nei ristoranti. I ninos giocano al pallone davanti alle chiese, gli altri bevono sidro, mangiano tapas e pinchos, chiacchierano vivacemente alle panchine e ai banchi delle sidrerie e ai tavolini, ovunque. È un popolo socievole, caloroso e se la sa vivere. Alle 23 della sera i locali sono ancora pieni non solo di giovani ma anche di gruppi di anziani, uomini e donne, che giocano a carte e che se la raccontano allegramente. Domani tappa dura, si risalgono i monti verso l’interno, altri paesaggi e altro clima. Vado a dormire stanco ma col pieno di bellezza!

21 giorno: Ribadeo – Lourenza 28 km. Parto alle 7:15 con un buio e un silenzio da far paura anche ai fantasmi. Nella periferia sono già in campagna al limitare di colline boscose e agli incroci devo ispezionare ogni angolo per trovare il mojion della giusta via. Fa fresco, è umido e cammino nelle nuvole che stamattina lambiscono il suolo. Dopo due ore quando la luce si è diffusa incrocio finalmente un bar per la mia tanto desiderata colazione e trovo anche i primi pellegrini. Poi inizia la salita ripida, oggi ho 800 mt di dislivello da superare. Nonostante le avvisaglie di vecchiume pretestuosamente recriminate dal mio sistema corpo-mente di ieri sera oggi sono in forma smagliante. E infatti la mia essenza consapevole, che sa che posso andare e voglio andare, porta in accordo tutto il sistema e in breve faccio 22 km impegnativi, e mi guadagno una sosta di ben due ore all’osteria della Curva (non quella del film di Fantozzi) dopo meno di 5 ore di cammino. Il fatto è che quando vuoi veramente è già tuo, quando invece devi è veramente dura. Suona proprio diverso dirsi Voglio rispetto a devo. Da tempo ad ogni bivio mi chiedo: voglio o devo? E le cose le affronto in modo diverso. E infatti tanti passi anche oggi, eppure mai noiosi, anzi sono di più gli eventi, le sfumature, le viste diverse su tutto il percorso che non basterebbe un libro per esprimere il tutto. Mi godo l’ingresso in Galizia, un giardino delizioso, ben curato, pulito. E ascolto divertito, mentre mangio a occhi chiusi le costolette di maiale con patate asado, un gruppo di Galiziani che chiacchiera animatamente qualche tavolo più in là. La lingua di qui non c’entra con lo spagnolo, un po’ come da noi il Sardo con l’italiano. Non ci capisco niente eppure lo trovò così somigliante con un gran miscuglio tra i nostri dialetti Molisano, Pugliese, Campano, Calabro e Siciliano. Alcune frasi e parole sono gridate, teatralizzate, strascicate, contratte, ululate, sbiascicate, ondulate, a scatti, troncate, musicate. L’accento e l’atteggiamento sono identici e alla fine senza capire un acca ho capito tutto. Parlavano di quanto s’è fatto grande il bambino, che adesso dovevano andare a casa a magná, che dovevano cambiare le gomme lisce dell’auto, di una certa partita di calcio, che un tizio avrebbe dovuto dire qualcosa alla mogliera, che dovevano andare ad accattare qualcosa, ecc. Però non saprei ripetere. Con oggi sono in cammino da tre settimane e ho percorso un totale di 528 km, ne rimangono circa 160 a Santiago. Io però ho già in mente Finisterre. Quindi 250.

22 giorno: Lourenzá – Gontan Abadin 25 km. Lascio l’ostello vicino alla cattedrale che ha ispirato per la costruzione di quella di Santiago di Compostela alle 8:00 del mattino, per ultimo. Le previsioni davano pioggia consistente la notte e fino all’alba poi in attenuazione fino al dissolvimento nel pomeriggio, lascio ad altri più smaniosi la camminata al buio sotto l’acqua e infatti non becco una goccia. Preferisco camminare all’asciutto, tanto la tappa non è lunghissima e decido per la camminata rilassata. Ma il vento soprattutto in quota è tanto, l’umidità e il freddo tipici autunnali, come i colori intorno. Un tempo da lupi ma anche i luoghi lo sono sempre di più. Più mi addentro in questa regione e più diminuiscono le case, i bar, le strade, le coltivazioni. Oggi è quasi tutta salita, ben 900 mt di dislivello. Compro del pane e della frutta nel paese che incontro dopo due ore di cammino e un pomodoro lo colgo da un orto per strada, poi più nulla fino a destinazione, che alle 15,30 appare come un villaggio abbandonato.

23 giorno: Gontan Abadín – Vilalba 22 km. Tappa leggera, me la prendo comoda ed esco alle 8:30 dopo lauta colazione tripla. Tanto più che oggi c’è un vento con raffiche forti, anche se a favore, ma gelido. Inoltre il sole che sta sorgendo ora, gioca a nascondino dietro le colline e i rami delle piante. Si perché nonostante per convenzione in tutta la Spagna il fuso orario è lo stesso di Roma e Parigi la longitudine qui è più vicina a quella di Greenwich (Londra) e sarebbero le 7:30. Mi fermo verso le 10:00 a bere un caffè in un piccolo ostello nel bosco, che sembra più la casa di sasso della nonna di Cappuccetto rosso e ritrovo ancora Hanish, il simpatico fotografo Australiano, l’unico Pellegrino che incontro tutti i giorni, nei bar, negli ostelli, a cena da 15 gg a questa parte, senza mai darsi appuntamento, e anche se il mio inglese è stentato sono sempre un fiorire di scambi e battute da rovesciarsi dalle risate. Certo come ormai sappiamo l’universo è uno specchio e anche durante questo cammino ho visto fluire incontri, piacevoli o meno, ma la cosa bella è che qui l’esperienza del lasciare andare, del non aggrapparsi, necessaria nella vita, diventa ancora più vitale, che si tratti di pensieri, emozioni, incontri, eventi, piacevoli o meno! Osservare e lasciar fluire. Incontrarsi e salutarsi. Senza impegni, vincoli, progetti. Come la vita che ti scegli liberamente o meno ti mette davanti. Vivi e lascia vivere!

24 giorno: Vilalba – Xeixon 27 km. Ieri sera cazeula di pulpo e gambas in una osteria tipica Gallega e crocchette di patate, jamon e pimiento buone come quelle che faceva mia nonna. Stamattina 8:15 esco dal bar a desayuno compiuto e m’imbatto nel freddo gelido di una tipica giornata di gran sole autunnale, che al mattino è sempre avvolta dall’umidità che lascia il suolo e si dissolve pian piano, svelando una luna piena enorme e luminosa che si attarda a tramontare aggrappata ad uno sfondo roseo. Attraverso un incrocio mentre mi perdo in questo scenario, come un bambino con la testa fra le nuvole prendo un sentiero senza il minimo dubbio. Poco più avanti di fronte a una casetta con giardino, sento un chiavistello che si muove a scatti, una porta che sbatte, una ragazza che corre in giardino e mi viene incontro, preoccupata e sorridente mi dice che ho sbagliato strada, devo tornare all’incrocio e prender l’altra via. Non è la prima volta che mi accade, qui sono tutti attenti a far sì che il pellegrino compia il suo cammino senza perdersi. Fa piacere e fa star bene tutto questo ed è sempre di lezione, in ogni caso, di esempio. Un esempio da praticare. Più avanti un mojion indica che la distanza da Santiago è scesa sotto le tre cifre, ora mancano meno di 100 km. Ancora solo tre giorni di cammino. Psicologicamente una bella spinta. Dopo quasi un mese di cammino, l’entusiasmo, l’eccitazione e i timori iniziali si sono trasformati in gioia, quiete, fiducia, sicurezza. Vivere il cammino in prima persona ha permesso la trasformazione, non leggerlo su un libro o sentirlo raccontare.

25 giorno: Xeixon – Sobrado dos Monxes 32 km. Sveglia alle sei, fuori è ancora notte fonda. Il buio e il silenzio sono ancora più profondi, qui nel mezzo di questo bosco sperduto in mezzo alla Galizia. La luna piena è sparita e infatti appena la spedizione si incammina, oggi parto dal piccolo ostello insieme a un gruppetto di francesi, iniziano i lampi i tuoni e a cadere goccioloni di pioggia. Fuori i k-way, i pantaloni anti-pioggia e le coperture zaini. E continuerà a piovere a intervalli fino alla tarda mattinata, quando scavallo i 715 mt s.l.m , punto più alto di tutto il cammino del Norte ed entro nella provincia di A Coruna, quella di Santiago di Compostela, sempre più vicina, ora dista solo una sessantina di km. Vicino a un orto non recintato vedo una volpe, quando mi vede si blocca per un istante poi si dilegua velocissima nel bosco. Attraverso luoghi sperduti, di natura selvaggia e paesaggi sconfinati, tanto silenzio e solitudine. Il nulla per decine di chilometri. Sono contento di esser solo, mi godo il mio movimento, il mio respiro, la mia contemplazione. Medito in movimento. Meditare sta diventando sempre più consapevolezza del momento presente, osservazione distaccata, priva di giudizio, qualsiasi cosa mi capiti di fare. Negli ultimi giorni spesso ho camminato in compagnia e anche in quelle occasioni ho praticato l’osservazione del momento, del contesto, di chi parla, di chi ascolta, di me stesso, senza giudizio, e senza intenti se non il solo atto di osservare, mentre naturalmente continuo a fare ciò che sto facendo, vivendo. Osservare non significa fermarsi e non fare più nulla, significa attivare una parte di se, l’osservatore acritico, come fosse una terza persona, e io continuo con ciò che sto facendo. Una tematica che mi è molto cara, la consapevolezza, che porterò in condivisione al momento opportuno.

Notte sul cammino di Santiago – Sono in un ostello da 24 letti a castello. Tutti in un unico dormitorio. Ci sono rappresentanze da tutti i continenti. La metà dei 48 russa intonando un concerto sinfonico vibrante con bassi e acuti da far invidia alla Scala Milanese. Un terzo rutta e scorreggia, ampliando gli strumenti di cui sopra. Un quarto ansima, parla nella notte o si lamenta come in un atto del teatro napoletano di De Filippo. Un tizio cammina avanti e indietro, non capisco se sta facendo la meditazione camminata di Thich Nhat Hanh o sonnambula. Qualcuno con me, è sveglio e sbruffa, del resto lo faceva anche la Teresa nel teatro dei Legnanesi. Ho scelto qui perché non c’erano alternative, tra poco esco e vado a dormire nella stalla vicina, credo che anche in quanto a odore non ci sarà molta differenza! O forse fra qualche ora affardello lo zaino e tolgo il disturbo…..anche se non pensavo di essere io ad arrecarlo! Oooooommmmmm ooooooommmmmm oooooooommmmmm

26 giorno: Sobrado dos Monxes – A Brea 32 km. Lascio l’ostello alle 6:45 e mi infilo in un bar. Parto alle 7:15 e cammino un’ora nel buio pesto, poi nella nebbia autunnale fino all’ora della sosta per il pranzo. Seguo la freccia gialla senza più rendermene conto, è diventato normale come andare in bicicletta, non ci penso più, lo faccio come quando in auto seguo la strada per l’ufficio, non me ne rendo conto. C’è un bivio per raggiungere il cammino Francese, ma proseguo su quello del Norte. Vanno tutti sul primo, io continuo di qui, sono l’unico. Non incontrerò più nessuno fino a destinazione, dove i due cammini confluiscono in uno solo. Intanto attraverso foreste di eucalipto che mi regalano un gigantesco aerosol naturale, sempre nel silenzio più assoluto. Vicino ad una cappella incontro due pellegrini e quando mi avvicino mi rendo conto che uno è sempre lui, Hanish, l’Australiano e l’altra è la ragazza Messicana che avevo incontrato dopo Santander e che da giorni cammina con lui. Ci incontriamo sempre senza appuntamento. Ho incontrato un sacco di umanità in queste settimane, anche ieri sera. In birreria per esempio ritrovo lo spagnolo che avevo incontrato qualche chilometro fa. Ci beviamo una cerveza insieme e mi racconta che faceva il bancario, poi si è licenziato e dopo una vacanza con la moglie insegnante, due mesi in auto a zonzo per i Balcani, ora vuol realizzare dei progetti diversi legati al pilates, alla cultura ed altro, vivere la vida, come dice lui, in maniera più completa, ma è tutto in divenire, intanto viaggia. Passiamo il tempo di una birra e anche senza capire tutto ciò che ci diciamo siamo così allineati che basta guardarsi negli occhi per comprenderci. Per ogni incontro ci sarebbero storie da raccontare, vite intere….. intanto per ora questa sera aspetto in piscina l’arrivo della mia ‘riccia’!

27 giorno: A Brea – Santiago di Compostela 25 km. Oggi 29 settembre 2018, dopo un cammino di 692 km giungo alla meta di questo meraviglioso viaggio. L’ultima tappa è una processione di pellegrini. Sono felicissimo, emozionato e ancora non me ne rendo conto. Domani varcherò le soglie della cattedrale di San Giacomo. Grazie. Grazie alla fortuna o universo o provvidenza o karma che ha fatto si che io potessi iniziare, percorrere e giungere sin qui. Grazie ai miei piedi, le mie caviglie, le ginocchia, le gambe e tutte le ossa e i muscoli che le compongono per aver fatto un lavoro si per loro naturale, ma stupendo e inimmaginabile nel migliore dei modi. Alla schiena, ai lombi e alle spalle che hanno sorretto il fardello con le mie poche importanti cose. Grazie alla mia testa che ha saputo leggere, tradurre, agire al servizio e in accordo con il mio spirito il mio cuore e il mio corpo affinché tutto questo fosse possibile. Grazie al mio cuore che ha pompato quieto, sangue, vita, amore. Grazie ai miei polmoni e alle vie respiratorie che hanno unito l’energia universale alla mia, purificandomi e guarendomi. Grazie alla mia essenza per il solo fatto di esistere ed essere così com’è. Grazie a tutte le persone che mi hanno guidato, aiutato, insegnato, prima e durante questo cammino. Grazie alla mia ‘riccia’ che mi ha accompagnato con sorpresa per tutto il cammino, fisicamente nella prima settimana e nell’ultima tappa. E agli animali e alle piante che lo hanno deliziato. E al cibo, mio carburante. E alle mie scarpe, nonostante i buchi. Grazie a me, alla vita e al loro incontro, in questo cammino più che mai! Non esistono parole per definire le domande, nè tanto meno le risposte. Ma esistono parole per descrivere il senso di tutto ciò: responsabilità verso me stesso, al fine di rispettare e realizzare la vita nella pienezza e coerenza di ciò che sono nel profondo. Connettermi, ascoltare e seguire in purezza la mia verità interiore e universale, quelle sono le informazioni, la mappa del mio cammino. Non c’è altro senso se non quello dettato dal fiume della vita stessa.

28 giorno: Santiago di Compostela. Il cammino odierno mi conduce all’ufficio di accoglienza del pellegrino per ricevere la Compostella che attesta e certifica, grazie ai timbri della Credential l’avvenuto cammino. La coda per i ben 17 sportelli è lunga fortunatamente solo un’ora, nonostante le centinaia di pellegrini da tutte le parti del mondo giungano qui ogni giorno. Poi una passeggiata di piacere e di riposo con la mia compagna per la visita alla Cattedrale e alla città, meta da secoli di pellegrinaggi religiosi o spirituali. Più volte in questo viaggio ho pensato a chi in un tempo ben diverso da oggi, percorreva queste vie con vero sacrificio per raggiungere la meta della sua vita, magari perdendoci pure la vita stessa. Ma il senso profondo di un viaggio come questo, pur personale, rimane anche oggi pur cambiando le epoche e i contesti. Ci sono molte vie e molti modi per arrivare a Santiago. Chi lo fa con un passo più breve, chi più lungo. Chi più veloce, chi più lento. Chi fa molte soste, chi meno. Chi tappe lunghe, chi brevi. Chi a piedi, chi a cavallo e chi in bici. Chi con lo zaino enorme, chi al minimo indispensabile, e addirittura chi se lo fa portare dal servizio Express a fine tappa. Chi mangia il panino e chi si ferma alla trattoria. Chi fa foto e chi no. Chi usa google Maps e chi il libro di carta. Chi dorme negli ostelli e chi in hotel. Chi parte col buio, chi col buio arriva. Potrei continuare all’infinito descrivendo le diversità. Anche lo scopo, se c’è è diverso, e le aspettative. Eppure in tutte queste innumerevoli differenze, superficiali o profonde, che rappresentano la varietà e quindi la ricchezza e l’unicità dell’essere umano, in quel saluto ad ogni incontro: ‘Holá, que tal? …….Buen camino!’ C’è dentro una storia, desideri, sentimenti, progetti, aspettative. Ognuno è portatore di sè e di un fardello. E quando ci si saluta per strada ognuno nel suo personale cammino, siamo tutti uguali e basta uno sguardo mentre sei in cammino, un saluto, per comprendersi profondamente! La meta di questo cammino è raggiunta ma come sempre ogni fine è un nuovo inizio, domani si riparte, Finisterre a 90 km da qui, mi attende.

29 giorno: Santiago di Compostela – Ventosa 10 Km. Lascio Santiago e mi incammino, perché il cammino non ha mai fine. Saluto di nuovo la ‘riccia’ alla stazione degli autobus a metà pomeriggio, dopo un’insalatona e sangria, e inizio a ridurre le distanze dalla prossima meta, Finisterre. Ritorno a camminare nei boschi, querceti ed eucalipti per qualche chilometro, di nuovo senz’auto e traffico intorno, benché Santiago città di pellegrini e universitari sia abbastanza tranquilla. Nessun camminatore, a quest’ora, le 15:30, sono già tutti negli ostelli. Sono carico. Carico di forza, leggerezza e rinnovata fiducia, in un fondo di gioia rotonda e perenne. E ora sono qui, all’ora delle ombre lunghe, quando tutto è più morbido, sul divano sotto un patio di una casa rurale sopra le colline verdi e silenziose, orientato al tramonto, con una musica jazz in sottofondo e la musica dell’amore e la connessione col tutto, nel corazon. E per la serie ‘mangia, prega e ama’ concludo con uno yogurt con confettura di fichi e mandorle km 0 e tè con i biscotti. Buenas noche!

30 giorno: Ventosa – As Maronas 32 km. Mi avvio alle 7,00 nel buio della notte, il vento di ieri ha asciugato l’aria, pulendo il cielo, che terso, mostra tutto il suo campo di stelle che dai tempi di San Giacomo illumina come dice il nome, la sua tomba. La temperatura del mattino è sempre più bassa e la mezza luna è sufficiente a illuminare la via e nel bosco gioca a creare effetti argentati che tra i rami e le rocce sono talvolta mostruosi. La tappa di oggi è lunga e quasi tutta in salita, in particolare due salite molto ripide che divoro senza sentire. Ormai sono allenato per andare oltre. A marzo di questo anno feci un sogno che più volte si ripetè in forme diverse, ma che riportava sempre lo stesso messaggio: ‘vai oltre’. Il mese successivo presi una decisione molto importante per la mia vita e la misi in atto, non so dove mi porterà ma era necessario ormai compiere il passo e andare oltre. Sempre nello stesso mese presi la decisione di mettere in porto un altro progetto, il cammino di Santiago e Finisterre. Ultreya è il verbo che si ripete da tempo immemorabile dentro di me. Vai oltre la superficie, nel profondo, vai oltre ciò che vedi, vai oltre la mente, compi il tuo viaggio e porta la tua essenza oltre l’orizzonte! Anche oggi attraverso colline, boschi fitti, villaggi con ponti ed edifici storici, medievali, in un clima ameno e bucolico. I camminatori che sono diretti all’oceano sono molto pochi rispetto a quelli che seguivano le ultime tappe per Santiago. Qui ne incontro anche diversi che compiono persino il cammino inverso. Ultreya è il verbo.

31 giorno: As Maronas – Cee 32 km. Più mi avvicino alla meta e più sale la frenesia. Mi alzo sempre più presto, il bar dell’ostello è ancora chiuso, mi avvio col freddo e il buio, frontalino luminoso in testa da usare se incontro le auto, gli occhi abituati al buio, sono rapido, verso il primo bar che trovo dopo due ore di cammino, subito dopo la cima del monte Aro, da dove godo di una strepitosa alba. È una festa l’alba, dovrebbe esserlo ogni mattina, è la nascita, la rinascita! Ogni giorno un nuovo giorno, una nuova vita da vivere. Mi riavvio tra colline e boschi costeggiando una crepa profonda che nasconde un fiume e un invaso artificiale. Sono i luoghi che hanno ispirato alcuni libri di Hemingway. Ora la vegetazione è cambiata. Dopo fico ed eucalipto il profumo è conosciuto, la classica pineta, e i fiori e le piante basse simili alla nostra macchia, che si trova in vicinanza dell’oceano. E infatti scavallando una collina dopo una curva inizia la discesa ed eccolo lì, si vede anche il promontorio che raggiungerò domani. È una gioia immensa, mi fermo per il pranzo appartandomi su un prato lontano dal sentiero. Il silenzio è tale da sentire il rumore dei pensieri e delle emozioni nascere, vivere, morire. Quanto è immobile lì fuori, quanto si muove qui dentro. Non vorrei più ripartire, vorrei rimanere qui, laggiù finisce il mio meraviglioso viaggio. Non vorrei tornare. Sento già la malinconia della conclusione di una esperienza strepitosa. Lascio andare. È tutto qui dentro quello che serve. Me e l’esperienza che mi porterò dopo Finisterre, oltre quel passo ignoto, nel prossimo viaggio, nella vita. C’è moltissimo in questa esperienza. Negli ultimi giorni prendo appunti di viaggio e annotazioni sui miei innumerevoli progetti futuri mentre cammino, tramite le registrazioni vocali. Riparto lentamente. Ascolto i rumori dei miei passi, il cinguettio degli uccelli, il cigolio dei rami, il fruscio delle foglie, il vento ha ripreso a soffiare a regime di brezza dopo la sospensione per la mia meditazione. Poi accelero e in pochissimo sono a Cee. Non è la comunità economica europea, ma il nome del paese dove mi faccio la birra questa sera. Nel mio posto. In riva al mare.

32 giorno: Cee – Finisterre 16 km. La tappa di oggi è un volo! Cammino a qualche cm da terra. Scavalco l’ultima collina, ultima salita e ultima discesa. Prima è lontana, poi si avvicina sempre più. Non mi sembra vero, non ci credo. Esco dal bosco e mi trovo nella lunga spiaggia, che percorro scalzo sul bagnasciuga, sono gli ultimi 3 km prima del paese. La sabbia è finissima e ovunque ci sono grosse conchiglie! E poi senza accorgermi , arrivatoooo! Mi scoppia il cuore per la gioia immensa! Ma ancora devo fare gli ultimi 3 km per arrivare al faro. Mollo la muchilla (zaino in spagnolo) in hotel, vado all’ufficio turistico per siglare la credenziale e ricevere la Fisterriana che certifica il cammino da Santiago, giro il paesino di pescatori, vado immancabilmente a esplorare il porto passeggiando sull’alta diga foranea e mi faccio una mangiata di pesce. Mi godo tutto a pieni polmoni. Gli occhi sono accecati da tanta bellezza ma soprattutto per la luce. Ora capisco il mio amico Jerry che vive alle Azzorre quando parla della luce che c’è li, in fondo ci saranno poco più di mille miglia nautiche di Atlantico da qui a lì, e qualcosa intuisco! Nel tardo pomeriggio mi avvio verso il bordo estremo del Mondo, così si credeva un tempo, per vedere dove va a finire il sole. Cinque settimane di vita in cui, tolti i trasferimenti da e per gli aeroporti, e gli stop a Bilbao e Santiago, ho camminato per 31 giorni esatti, per un totale di 782 km. Ora sono al km zero, sotto al faro, vicino a una croce. Intorno tutti i sassi e i cimeli portati dai pellegrini. Lascio i miei. Mi siedo dinanzi e dentro allo spettacolo infinito di questo Océano ora così calmo. Stappo la birra che mi son portato e brindo a loro che governano la vita, gli elementi della natura, sole, acqua, terra, fuoco, aria. Osservo una barca a vela scivolare lentamente e dolcemente. Allo stesso ritmo il sole scende e si immerge nell’orizzonte liquido. Allo stesso ritmo i miei pensieri e le emozioni rallentano e mi abbandono a quello che è!Torno col buio, i grilli cantano e si sentono i pescherecci lontani che si muovono nel golfo, dietro ai pini che contornano il sentiero. Li onoro e mi dirigo alla cantina del porto, per il mio piatto preferito, pulpo a feira accompagnato da un estrella especial 1906. È tutto meraviglioso, esser partito, aver camminato, essere arrivato sin qui!

Lascio Finisterre sotto la nebbia, l’umidità, il freddo come fosse novembre. Ma ieri per fortuna l’ho vista sotto un’altra luce. E ora sono sul bus che mi riporta a Santiago e percorro veloce a ritroso i luoghi del cammino. Ho fatto questo cammino perché il mio spirito me lo ha chiesto. Per motivi interiori, non religiosi. Si dice spirituali; di sicuro ho seguito la domanda di quella parte invisibile che è il nostro 90%, così dice anche la scienza, il vuoto, inteso come spazio e non come il nulla, io credo sia l’anima. Ed essendo il 90% possiede almeno il 90 % della nostra verità. E credo nel tutto. Credo nella connessione universale ed io ne faccio parte come tutti ne facciamo parte e tutti dipendiamo da tutti. Gli eventi generano eventi. Tutto è collegato. Ecco perché non ho camminato da solo, anche se erano le mia gambe e la mia testa e il mio cuore a spingere. L’energia è parte del tutto ed è connessa, come la materia, i pensieri, le emozioni. È questo sentirmi parte del tutto che porta ad usarmi per scrivere raccontando del mio viaggio, dentro e fuori, condividendolo. È il mio modo di far parte del tutto. Ed è questa circolazione creata dalla condivisione che amplifica portando un servizio responsabile a me e a chi è connesso, quindi al tutto. Ed è grazie a questo che ci si carica vicendevolmente, ecco perché lo chiamo servizio. Ed è connesso al sentire vero del momento presente, ed è per questo che lo chiamo responsabile. Quindi è grazie al tutto, anche a coloro che mi hanno sostenuto per un solo secondo, che ho avuto la carica e la spinta. Seguo una filosofia di vita che mi porta ad una logica di meditazione e consapevolezza in ogni momento, da quello goliardico a quello profondamente impegnato ed è questo che sgorga naturale nel racconto del mio viaggio. Ho ricevuto e ricevo meravigliose parole e ringraziamenti da parte di tanti, vi ringrazio, sono davvero una conferma, un incentivo e servono, anche quando sai che stai facendo la cosa giusta per te. Grazie! E poi arrivo a Santiago, sto un’ora nel parco a godermi gli ultimi attimi di Spagna, con la sua solarità e vivacità. Assaporo ancora un po’ nell’attesa di un altro bus e poi dell’aereo!

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